Spazzatura

Nei giorni scorsi avrei voluto scrivere qualcosa sulle ultime uscite del clero [1], poi ho scoperto una cosa di fronte alla quale qualsiasi dichiarazione di qualsiasi prelato o politico del globo diventa insignificante. E sembra pure che non sia una notizia fresca e che se ne sia gia’ parlato l’anno scorso, ma io chissa’ dov’ero, e se c’ero evidentemente dormivo.

Detta in poche parole, abbiamo ritrovato Atlantide. Anzi no, non l’abbiamo ritrovata, l’abbiamo fatta. C’e’ un nuovo continente, non segnato sulle carte, nel Pacifico del nord. E’ ancora piuttosto poco denso, ma non disperiamo: ci sono buone probabilita’ che divenga presto abbastanza solido per poterci costruire sopra.

Di che sto vaneggiando? Di questo. Il Pacific Trash Vortex e’ un’isola di spazzatura, soprattutto plastica, di dimensioni continentali. L’estensione esatta e’ ignota, ma le stime vanno da 700.000 km² a piu’ di 15 milioni di km². Tutta quella schifezza e’ rimasta intrappolata li’ a causa della Nord Pacific Gyre, corrente oceanica che lambisce le coste di Giappone e California. Le immagini che seguono (click per vederle grandi) illustrano un modello di distribuzione della spazzatura che proviene dalle coste giapponesi e americane (a 183 giorni, 3 anni e 10 anni):

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Update 14/02: poi c’e’ questa bellissima animazione di Greenpeace, che mostra sia la dinamica delle correnti che il pattern di distribuzione della robaccia.

E che fa tutta quella montagna di rumenta? Mica si limita a galleggiare e a girare in tondo, no. La plastica, come si sa, non e’ biodegradabile, ma si degrada lo stesso a causa dell’azione della luce solare:

«Anziché biodegradare, la plastica si “fotodegrada” disintegrandosi in pezzi sempre più piccoli, fino alle dimensioni dei polimeri che la compongono la cui ulteriore biodegradazione è molto difficile. (…) Il galleggiamento di tali particelle che apparentemente assomigliano a zooplancton, inganna le meduse che se ne cibano, causandone l’introduzione nella catena alimentare. In alcuni campioni di acqua marina presi nel 2001 la quantità di plastica superava di un fattore sei quella dello zooplancton (la vita animale dominante dell’area).»

Insomma, finiamo per mangiarcela. La prossima volta che comprate pesce del Pacifico fateci un pensierino.

Quanto alla densita’ dei detriti visibili, a seguito di una crociera di studio nel nord Pacifico Charles Moore [2] riferi’ che:

«In the week it took to cross the subtropical high, no matter what time of day I looked, plastic debris was floating everywhere: bottles, bottle caps, wrappers, fragments.»

Navigare nel bel mezzo dell’oceano per una settimana e trovarsi sempre in mezzo a detriti di plastica galleggianti… niente male, eh?

trashmap1E se tutto questo ancora non vi e’ bastato per decidere di non gettare mai piu’ manco un tappo di bottiglia in giro a caso [3] (che mica per forza si deve buttarli in mare direttamente: butti il tappo per strada, quello finisce in un rigagnolo, poi in un fiumiciattolo, poi in un fiume ed eccolo in mare), ecco un’altra buonissima ragione: l’Atlantide di spazzatura sta precisa precisa nella foraging area di due specie di albatros (aree blu e verdi) [4]; gli albatros, scambiando tutta quella schifezza colorata che galleggia per roba da mangiare, se ne cibano o ne cibano i propri piccoli. Poi non riescono piu’ a rigurgitare i pezzi piu’ grossi e il risultato e’ questo:

albatross-carcass


[1] «L’arroganza di chi si crede nel giusto» detta da un monsignore – ma mica uno qualsiasi, l’amico della Fallaci – a Obama che aveva appena osato riammettere ai finanziamenti statali «le organizzazioni internazionali che sostengono, per la pianificazione familiare, anche l’aborto», ecco, detta da lui fa un po’ ridere, no? Che di “arroganza di chi si crede nel giusto” contendono la palma di massimi esperti ai talebani e a pochi altri. Poi ti viene in mente che loroli’ sono sempre quelli che il preservativo no manco se c’hai l’AIDS e allora quando si mettono a parlare di preoccupazione per la vita nascente smetti di ridere, ti incazzi e passi ad altro.

[2] Uno dei pochissimi che si occupano di questo immane disastro ambientale, di cui tutti al contrario sembrano volersi dimenticare; fondatore della Algalita Marine Research Foundation, Moore, che naviga per il Pacifico fin da ragazzino, avendo cominciato come mozzo, rimase molto colpito dalla quantita’ di rifiuti di plastica che vedeva galleggiare nell’oceano e fini’ per farne il suo principale interesse.

[3] Ok, la rumenta che noi gettiamo a mare mica finira’ nel Pacifico, ma da qualche parte deve finire, no?

[4] 19 delle 21 specie di albatri sono a rischio di estinzione.

7 pensieri su “Spazzatura”

  1. Beh, non so niente del giro delle correnti nel Mediterraneo, ma ho sempre visto la plastic debris nelle insenature e sulle spiagge, specie quelle difficilmente raggungibili da terra (segno che l’uomo pulisce solo nei posti facilmente accessibili?). Già vent’anni fa, in Grecia, l’acciottolato di una bellissima e lunghissima spiaggia poco più a sud di Iria, nel Peloponneso, era un lungo tappeto di plastica e catrame. Ed oggigiorno, le piccole baie della penisola sorrentina, raggiungibili solo attraverso sentieri faticosi, sono un rifiorire di rifiuti della civiltà. Domanda retorica: dove pensiamo che le navi buttino la loro spazzatura? Crediamo che la consegnino alle autorità del paese dve attraccano? E ancora, dove non c’è il mare a vomitarlo a riva, o le sue correnti a farne un’isola continentale, ad esempio, nel Tibet tanto amato dagli amanti delle vette, dove pensiamo che finisca, lo schifo?

  2. Ma magari invadesse davvero gli oceani: una medusetta di 4-5 millimetri sarebbe un ottimo cibo per chissa’ quante altre specie. Solo che pure le meduse sembrano tratte in inganno dai polimeri-falso-zooplancton e insomma, potremmo ritrovarci con gli oceani invasi da medusette plasticovore.

    (ciao, Roberta ^_^)

  3. La notizia effettivamente aveva girato parecchio, lambendo perfino i TG nazionali.
    La sensazione è che sia un tipo di disastro difficilmente arrestabile (come controllare l’onnipresente ciclo della plastica?) e non bonificabile (come raccattare i pezzetti galleggianti, per non parlare dei polimeri…).

  4. Immagino che si possa ottenere (se ne era parlato) qualcosa come un batterio OGM che degrada la plastica.
    Solo che (al di là di tutte le obiezioni alla diffusione di batteri OGM in quantità industriali nell’oceano pacifico di per sé) non credo che ci piacerebbe scoprire cosa troverà da mangiare il suddetto batterio, una volta finita la plastica.

  5. La notizia effettivamente aveva girato parecchio, lambendo perfino i TG nazionali.

    Mah, allora dormivo davvero. +_+

    Sul batterio OGM ho gli stessi timori: di solito riusciamo benissimo nel far danni anche quando le intenzioni sono opposte…

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