Cani da guardia

Sempre Pape – che ultimamente sembra avere il genietto trovanotizie sulla spalla – ha dedicato un post ad un’altra di quelle questioni che si preferisce spazzare sotto lo zerbino, di cui non sta bene parlare, di quelle che si fanno ma non si dicono. Non sia mai che qualche bravo cittadino italiano sia disturbato nella digestione della cena.

La Convenzione per i Rifugiati del 1951, di cui l’Italia e’ firmataria, assieme tutti i paesi europei, lega un po’ le mani quando si tratta di buttar fuori con le spicce i migranti che tentano di entrare in Europa. E allora che si fa? Si fa fare il lavoro sporco alla Libia, che quella convenzione non l’ha mai firmata, in cui i diritti individuali sono una barzelletta e che, pero’, e’ un ottimo partner commerciale, soprattutto per l’Eni, cioe’ per l’Italia:

Scaroni ha ricordato che il ruolo del Cane a sei zampe in Libia, dove la multinazionale italiana è presente dal 1959, si è accresciuto negli anni dell’embargo dalla fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 quando «le compagnie Usa e inglesi avevano lasciato il Paese: siamo rimasti praticamente solo noi e siamo cresciuti fino a diventare primo operatore nel Paese».

Pape linka due documenti; leggeteli entrambi. E se queste questioni vi disturbano la digestione e preferireste non saperle, fate la cortesia di non farvi piu’ rivedere da queste parti.

6 pensieri su “Cani da guardia”

  1. Mi sono recato in quel di Pape (che mai avrei immaginato trattarsi del di lei cognome). Non mi sono rovinato la digestione sia perché mangio pochissimo, anche a causa dell’età, sia perché la nausea ormai non m’abbandona più. Tramite la via opposta, sono arrivato alla stessa conclusione dell’eremita, cioè il contemptus mundi.
    Me lo chiedevo anch’io “se la casa fosse come un evento che accadeva in un dato luogo dopo un po’ di tempo, oppure un posto che se si continuava a camminare, ad aspettare e a desiderare abbastanza, prima o poi si finiva per trovare”. Puoi immaginare quale sia stata la risposta.
    Ciao. Ipo

    P.S. Apprezzo la combattività femminile, alla quale ho dedicato il post di oggi. Non vi ho fatto menzione ulteriore alla richiesta della tua bellicosa mano virtuale perché dovrei estenderla, a rischio della pelle, anche a Pape. La richiesta, non la mano.

  2. Solo ora m’accorgo del link al mio indegno blog. Grazie, non meritava tanto. Certo, hai un bel coraggio a rovinarti la piazza così. Che cosa penseranno i tuoi ospiti, nell’annusare quell’aria di sacrestìa? E la condanna papalina, come la mettiamo? Quest’Uppe ciurla nel manico.
    Grazie. Ariciao.

  3. E difatti non è il mio cognome, ricorro ad artificio retorico per semplicità d’esposizione :).

  4. Ipo, non mi immagino la risposta. Quale e’ stata?
    Quanto al link, come avrai notato, nel mio blogroll c’e’ un po’ di tutto. Come nel mondo. :)
    Mo’ leggo il post sulla combattivita’ femminile.

    P.s.: insisto a dire che la poligamia mal si adatta alle tue convinzioni. :P

  5. La risposta è nell’immagine del suonatore di Barbara, il cui commento hai apprezzato. Che ritrovi casa, cioè, quando smetti lo strumento.
    Tuttavia, come ti ho scritto chez moi, “qualsiasi cosa pensi, è vero anche il contrario”. Se c’è una cosa di cui sono convinto è che resteremo tutti a bocca aperta, quando scopriremo come funziona, la baracca dell’Universo.

  6. Ahhhh… uhm… no, io l’avevo intesa in senso molto meno elevato, quella frase sul trovar casa. Ma poi ognuno trova casa in cio’ che desidera e quindi ci sta bene qualsiasi interpretazione.

    Se c’è una cosa di cui sono convinto è che resteremo tutti a bocca aperta, quando scopriremo come funziona, la baracca dell’Universo.

    Questa la sottoscrivo in pieno!

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